#7 Coding Error - Street Fighter 2 e le combo non previste
Di come un bug creò la meccanica principale dei picchiaduro
Settimo appuntamento con Coding Error. Devo dire che questa rubrica mi sta dando delle soddisfazioni. Poco sotto trovate l’elenco degli articoli scritti fino ad ora. In questo caso cambiamo leggermente direzione e parliamo di un errore che non solo ha fatto la storia ma che ha anche rinnovato e “creato” un intero genere videoludico. Insomma, uno degli errori mai fatti nell’intera storia dei videogiochi.
Ecco quindi l’errore che portò alla nascita delle combo dei picchiaduro.
Articoli precedenti
#1 World of Warcraft e il Corrupted Blood
#2 Phantasy Star Online 2 e il suo odio verso gli Hard Disk
#3 EVE Online e il problema Boot
#4 Runescape e il Massacro di Falador
La storia dei giochi picchiaduro è molto lunga e articolata. La loro nascita si può far risalire al 1976, anno in cui SEGA pubblica Heavyweight Champ, quello che comunemente viene considerato come il primissimo gioco a incontri della storia. Come potete vedere poco sotto, nel gioco a 8 bit sono presenti due lottatori, visti di profilo, che possono tirarsi solo pugni alti o bassi, nient’altro.
Una genesi senza dubbio estremamente semplice ma che ha dato il via a un processo inarrestabile che ha prodotto poi tutta un’altra lunghissima serie di giochi. Si passa così a Karate Champ, del 1984, e Kung-Fu, del 1985, in cui si passava dalla boxe alle arti marziali e il repertorio di colpi a disposizione dei giocatori veniva espanso sensibilmente fino ad arrivare poi, nel 1987, a uno dei capisaldi assoluti: Street Fighter.
Il gioco venne pubblicato originariamente solo nelle sale giochi (avete presente? Cabinati, fumo di sigaretta, gettoni, le Lire…) da Capcom ed è a lui che si deve l’esponenziale crescita di popolarità dell’intero genere. Il primo capitolo era piuttosto diverso rispetto a quello che siamo abituati a vedere oggi a partire intanto dalla vastissima scelta di personaggi utilizzabili: due, Ryu e Ken. Il gioco poi non era altro che una sequenza di combattimenti contro la CPU, con il giocatore che utilizzava Ryu e con la possibilità che un secondo giocatore potesse unirsi, in modo da iniziare un 1v1 usando Ken. Comincia comunque a introdurre i primi concetti base come la presenza di diversi pulsanti di attacco, divisi tra calci e pugni, e la possibilità di combinare tra tali pulsanti ai movimenti in modo da creare attacchi speciali ma è nel 1991, con l’uscita di Street Fighter II: The World Warrior, che avviene la rivoluzione.
La formula si sposta verso quella più conosciuta oggi, e cioè gli scontri 1v1, e aggiunge anche i personaggi più iconici di tuta la serie. E così abbiamo Honda, Blanka, Guile, Chun-Li, Zangief, Dhalsim, Cammy, Fei Long, Dee Jay, Akuma oltre a Ryu, Ken e i cattivi Balrog, Vega, Bison (i cui nomi sono mescolati tra la versione giapponese e quella americana) e Sagat. A questo secondo capitolo si deve anche la tradizione di Capcom di pubblicare delle versioni aggiornate e ampliate di questa serie di titoli. E così in seguito abbiamo avuto, tra il 1991 e il 2017, Street Fighter II: Champion Edition, Street Fighter II Turbo: Hyper Fighting, Super Street Fighter II, Super Street Fighter II Turbo, Hyper Street Fighter II, Super Street Fighter II Turbo HD Remix e Ultra Street Fighter II: The Final Challengers, senza contare poi gli svariati porting per PC, console e chi più ne ha, più ne metta.
È con lui che parte il grande boom dei picchiaduro degli anni ‘90, periodo in cui ogni giorno spuntava fuori un nuovo gioco con cui menarsi con gli amici, sia in sala giochi che in casa, ed è con lui che nasce anche quella che è la meccanica base di qualsiasi gioco appartenente a questo genere: le combo.
Il team di Capcom, durante lo sviluppo del gioco, era passato dall’avere due soli personaggi utilizzabili all’averne più di una decina. Di conseguenza si voleva dare a ciascuno di loro delle mosse uniche e, per certi versi, che “richiamassero” in qualche modo il loro stato di provenienza. Ogni animazione di ogni mossa, normale o speciale, doveva avere un certo numero di frame divisi tra frame di partenza, attivi e di recupero. Inoltre dovevano essere creati anche dei frame relativi allo stordimento subito da un personaggio dopo aver ricevuto un attacco da parte dell’avversario.
Il primo gioco della serie era ben chiuso all’interno di questo schema semplice e preciso: i giocatori avevano un colpo a disposizione per colpire l’avversario. Se andava a segno, era impossibile continuare ad attaccare a causa dei frame di recupero, e bisognava quindi provare a cambiare attacco sperando di colpirlo nuovamente oppure allontanarsi.
Il secondo gioco doveva essere più fluido e veloce. Gli sviluppatori volevano infatti ascoltare il feedback dei giocatori, che ritenevano frustranti alcune meccaniche del primo capitolo, e rendere più facile eseguire le mosse speciali, in modo anche da andare a ridurre gli elementi di fortuna e di button mashing, termine tecnico che viene utilizzato quando l’amico che non ha mai preso in mano un picchiaduro comincia a premere qualsiasi tasto a caso producendo combo mai viste prima.
Ecco le parole di Yoshiki Okamoto, designer che ha lavorato al secondo capitolo:
[Nishitani] (designer di Street Fighter II) è un genio, ed è anche bravo ad analizzare e studiare i giochi. A un certo punto, l'ho visto passare del tempo ad analizzare perché fosse così difficile eseguire uno Shoryuken [mossa speciale] nello Street Fighter originale: è davvero difficile eseguire il comando, ma infligge molti danni se lo fai bene. E tutti avevano l'idea che uno Shoryuken fosse difficile da eseguire, ma quando lo fai è molto potente. Ma Nishitani ha detto: "Non deve essere così. Se potessi renderlo più facile da eseguire, il gioco sembrerebbe più bello e sarebbe meno basato sulla fortuna". Ciò mi ha davvero sorpreso e ha cambiato il modo in cui pensavo al game design.
Considerate che il secondo capitolo fu rivoluzionario sotto diversi aspetti, a partire anche dal team. Al gioco infatti lavorarono tra le 35 e le 40 persone, un numero assurdo per l’epoca dato che la media di persone che lavoravano a un gioco, di solito, era sulle 20, che in questo caso erano solo i designer dei personaggi che, secondo quanto detto dal designer Noritaka Funamizu in uno speciale di EDGE che vi invito caldamente a scaricare e conservare data la sua incredibile qualità, rappresentavano “la metà del successo del gioco”. Aggiunge anche:
Molti pensano, erroneamente, che abbiamo dedicato molta attenzione all'equilibrio del gioco, ma non è vero. Perché le persone giocano ai nostri giochi? Perché sono divertenti. Un gioco basato solo sul buon equilibrio è una schifezza. Che tipo di divertimento puoi offrire quando premi un pulsante? Che divertimento c'è nel premere un pulsante più volte? Solo un bambino si diverte semplicemente a colpire un muro o una superficie più e più volte. La risposta è nei modelli di animazione. Devi progettarli, modificarli finché non ottieni un risultato molto piacevole, un comfort visivo ottimale. Anche se hai progettato tutto dall'inizio, durante il processo di sviluppo scopri sempre la necessità di avere un nuovo tipo di danno di fronte a un dato attacco o situazione. La relazione tra la mossa e il danno è molto importante. Ciò dà al giocatore il comfort, l'incentivo per giocare. Poi tutto ciò che devi fare è lucidare la cosa, impostare l'equilibrio.
Fu speso così tantissimo tempo nel modificare il modo in cui il gioco interpretava gli input del joystick e dei pulsanti in modo che venissero registrati meglio, rendendo anche meno stringenti le finestre temporali entro il quale eseguire la sequenza di movimenti di un attacco speciale. Se siete completamente a secco di Street Fighter o giochi simili, sappiate che per eseguire un Hadoken, ad esempio, il giocatore deve fare questo:⬇️↘️➡️+👊. Quindi, quarto di luna in avanti e pugno (nei più recenti il tipo di pugno utilizzato alla fine modifica la velocità del proiettile sparato ma questo è un altro discorso). Quindi, se la combinazione di movimento di quarto di luna in avanti e pugno veniva registrata male o non era eseguita abbastanza velocemente, il colpo non partiva e si perdeva tempo, esponendosi anche ad attacchi nemici.
Durante i lavori però, emerse una stranezza. Gli sviluppatori notarono che, concatenando insieme determinati input, i giocatori potevano saltare dei frame di recupero, in modo da continuare ad attaccare molto velocemente. Di conseguenza, se un giocatore colpiva un nemico facendolo sussultare, aveva una brevissimo lasso di tempo entro il quale poter provare ad attaccare di nuovo con un attacco che annullasse i frame di recupero di quello precedente in modo da mettere a segno un altro colpo. Insomma, diverse righe di parole per dire semplicemente che avevano appena creato le combo. E alcuni sviluppatori, all’inizio, lo considerarono un bug. Perché, alla fine dei conti, di questo si trattava, era un comportamento non previsto dai designer.
Ecco quanto detto a riguardo da Motohide Eshiro (programmatore) in una splendida intervista con Polygon:
All'inizio dello sviluppo è diventato chiaro che eravamo un po' troppo rigidi e severi con i metodi di input. Quindi quando si faceva il pugno in basso, in basso-avanti, in avanti [input per eseguire l’Hadoken], si doveva premere il pugno esattamente nel momento in cui si premeva il joystick o non funzionava. Ed era davvero difficile per le persone capirlo, sembrava davvero che lo si facesse nel modo giusto e comunque non funzionava. Quindi abbiamo deciso di aprire un po' quella tempistica, solo di qualche fotogramma, in modo che se si premeva quel pulsante del pugno entro quei pochi fotogrammi si sarebbe andati bene e l’Hadoken avrebbe funzionato.
E come effetto collaterale di ciò, quindi immagino che se si volesse chiamarlo bug, si potrebbe, ma in realtà era un effetto collaterale del dare alle persone più tempo per premere il pulsante, i giocatori potevano eseguire delle combo. Quindi, se stavi eseguendo un calcio accovacciato tenendo premuta [la levetta verso il basso], e poi premevi destra e pugno quando il tuo personaggio stava eseguendo quell'animazione, potevi collegarli insieme. Non era intenzionale lasciare che i giocatori combinassero le mosse in combo, ma non era un bug in quanto era pianificato rendere più facile eseguire le tue mosse speciali.
La cosa divertente è che Okamoto racconta un'altra versione della storia dietro l'invenzione della combo, attribuendo a qualcuno di nome “Ikee-chan” l'idea e l'implementazione ma nessun’altra delle persone del team intervistate da Polygon conosce questo Ikee-chan e non è stato possibile trovarlo quindi diciamo che qua si entra nel campo della pura fantasia.
A questo si aggiunge anche la dichiarazione di Funamizu, contenuta sempre nello speciale di EDGE che vi ho citato poco sopra:
Una cosa è abbastanza sorprendente: le combo. È stato un incidente. Davvero. Mentre stavo facendo un controllo dei bug durante la fase bonus dell’auto - sai, quella in cui devi distruggere un'auto - beh, mentre lo facevo ho notato qualcosa di strano, curioso. Ho registrato la sequenza e abbiamo visto che durante il timing del pugno era possibile aggiungere un secondo colpo e così via. Ho pensato che fosse qualcosa di impossibile da rendere utile all'interno di un gioco, poiché il bilanciamento dei tempi era troppo difficile da catturare. Quindi abbiamo deciso di lasciare la funzionalità nascosta. La cosa più interessante è che questa è diventata la base per i futuri titoli di combattimento. In seguito siamo stati in grado di rendere il tempismo più comodo e la combo una vera funzionalità. In SF II pensavamo che se avessi ottenuto il tempismo perfetto avresti potuto piazzare diversi colpi, fino a quattro credo. Poi siamo riusciti a piazzarne otto! Un bug? Forse.
A proposito di bug, SF II aveva una montagna di bug. Penso che sia stato un record all'interno della Capcom. Abbiamo costruito circa 26 master. Ho trascorso così tanti giorni in ufficio. Ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
Si conclude così questo nuovo appuntamento con Coding Error, con un bug diventato una meccanica ufficiale che ha cambiato l’intero mondo dei videogiochi. E non si tratta certo dell’unico caso simile…







